9-10 febbraio 2018
“Noi siamo dei piccoli nani portati sulle spalle dei giganti”, con queste parole il Prof.Roberto Fiorito apre l’incontro ricordando la straordinara figura di Papa Giovanni Paolo II; viene proiettato un filmato riguardante la XV Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi a Tor Vergata nel 2000, alla quale parteciparono due milioni di ragazzi.
L’università e tutte le Istituzioni devono essere presenti sul territorio e solo lavorando con questo spirito di affiatamento e scambio reciproco, ci potrà essere una crescita comune.
Seguono i ringraziamenti agli ospiti da parte del Preside di Tor vergata, Prof. Orazio Schillaci e i
saluti istituzionali, il prof. Paolo di Francesco, Presidente del corso di laurea, ribadisce l’importanza di questi incontri per approfondire, ampliare ed aggiornare alcune tematiche di grande rilevanza, soprattutto per coloro che lavorano o lavoreranno in un ambito sociosanitario.
La rilevanza di tali tematiche è sottolineata anche da Don Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Universitaria di Roma che afferma,“La Chiesa ha una stima immensa per il lavoro del medico. Senza la scienza, senza la ricerca noi non potremmo vivere.
Un ospedale è tenuto insieme dall’umanità dei medici.
Più volte, lo stesso Papa Francesco ha detto che essere medico significa vivere le opere di misericordia corporale, la medicina è amore per il povero, per chi ha malattia e sofferenza, e in tale sofferenza, si viene a trovare in particolar modo il giovane, vittima di un disagio di qualunque genere”.
Prende la parola il Magnifico Rettore Giuseppe Novelli, come lui stesso puntualizza, vuole
“entrare nel tema del convegno” ponendosi una domanda:<>.
L’Università può avere un ruolo determinante come dimostra quello che è successo in Islanda.
Nel 1998 il 50 % dei giovani di questo paese era sotto dipendenza di alcool e droga, nel 2016 tale percentuale si è radicalmente ridotta al 5 %.
Questo significa che un paese intero ha deciso di fare una guerra a questo fenomeno.
Il promotore di tale battaglia è stato il Professore di psicologia Harvey Milkman, che ha messo in relazione il consumo di droghe e alcol e la predisposizione allo stress di alcune persone.
Il punto di partenza della sua tesi è che quello che, come lo stesso Milkman afferma, il così detto “sballo” corrisponde da un punto di vista biologico a dei ben precisi meccanismi biochimici.
Cercare di stimolare tali meccanismi con attività che, come nell’eccitazione sportiva o altri fenomeni sociali, può essere il punto di partenza per un programma di recupero.
Bisogna dunque favorire fortemente tutte quelle iniziative culturali per far ottenere quel benessere psicofisico ai ragazzi.
Egli ha lanciato questa iniziativa che è stata immediatamente approvata dal governo: questa è l’innovazione sociale.
Il Professor Novelli conclude il suo intervento illustrando ai partecipanti le attività di “social innovation” promosse dall’Università di Tor Vergata come quella per il recupero di pazienti psichiatrici gravi attraverso progetti di teatroterapia o i corsi di Laurea in Scienze Motorie per i carcerati a Rebibbia.
Una sfida futura sarà sicuramente quella di combattere gli abusi e le tossicodipendenze nel modo giovanile.
Il successivo intervento viene fatto da Mons. Bruno Marie Duffé, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.
L’assistenza alla persona persa nel vortice della dipendenza è il fulcro centrale dell’atto medico.
Il rapporto che si instaura tra il giovane e il proprio medico “è un legame spesso invisibile e impercettibile a primo sguardo, ma bisogna camminare insieme”; è questa la chiave di volta di un efficace e valido contratto terapeutico.
La Prof.ssa Maria Luisa Barbaccia, Ordinario di Farmacologia- Dipartimento di Neuroscienze, approfondisce l’aspetto farmacodinamico e farmacocinetico delle sostanze d’abuso, con una relazione dal titolo “Droghe e farmaci: dove sta la differenza?”
Viene illustrato l’impiego della Ketamina , un anestetico sintetico dissociativo, nel trattamento dell’ideazione suicidaria e nello stress post-traumatico e della psilocibina, triptammina psichedelica nel trattamento delle depressione resistente. La somministrazione di tali sostanze deve essere preceduta, accompagnata e seguita da sedute di psicoterapia per aiutare il paziente.
Segue l’intervento del Prof. Nicola Biagio Mercuri, Ordinario di Neurologia, che illustra il meccanismo di interazione delle sostanze d’abuso con i recettori dopaminergici, e dunque, il loro effetto nella modulazione del rilascio della dopamina.
I recettori dopaminergici sono responsabili delle sensazioni di soddisfazione e gratificazione , e vengono influenzati in modo più o meno diretto da tutte le sostanze psicoattive.
La droga induce modificazioni molecolari nel funzionamento del cervello, dovuto ad una alterazione delle reti neuronali.
Tutte le droghe, anche se con meccanismi d’azione differenti, condividono la capacità di promuovere il rilascio di dopamina nei circuiti cerebrali che mediano le gratificazioni naturali, in particolar modo nei neuroni dopaminergici mesocorticolimbici che originano nell’area tegmentale ventrale e proiettano a livello corticale (aree prefrontali) e sottocorticale (nucleo accumbens).
Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine indotto dall’utilizzo continuativo di tali sostanze, è stato visto tramite studi pet (confrontati con controlli) un malfunzionamento del sistema spazzino della dopamina a livello dei terminali sinaptici, e soprattutto, un disfunzionamento a livello della corteccia orbito-frontale.
Conclude l’incontro Don Richard Ekeoma, Cappellano Coordinatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, riportando il saluto del vescovo Paolo Ricciardi: “di fronte ai disagi del mondo giovanile non deve esserci paralisi, rassegnazione o una lettura pessimistica della realtà ma apertura incondizionata alla speranza che ogni società possa avere le capacità per poter educare nel suo senso etimologico , ex-ducere ,saper tirare fuori il meglio dai propri giovani soprattutto i più fragili e feriti.
Si deve pensare alla Chiesa come ad un “ospedale da campo” e una casa della salute per tutti quanti i feriti della vita, a maggior ragione se si tratta dei giovani”.